Uno dei trend del momento è certamente il cosiddetto Smart Working, un nuovo metodo di lavoro che ha l’obiettivo di snellire la struttura lavorativa di un’azienda, dotando i dipendenti con strumenti che gli consentano di poter lavorare da remoto da qualsiasi parte in cui essi si trovino.

L’Osservatorio del Politecnico di Milano lo definisce “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”. Lo Smart Working non è però una semplice iniziativa di work-life balance e welfare aziendale per le persone: si innesca in un percorso di profondo cambiamento culturale e richiede un’evoluzione dei modelli organizzativi aziendali, per cui si deve prevedere una roadmap dettagliata fase per fase. Bisogna sempre ricordare, infatti, che è un progetto intrinsecamente multidisciplinare, che presuppone una governance integrata tra gli attori coinvolti.

È necessario quindi un cambiamento mentale/culturale nella testa di tutti i dipendenti prima di introdurre un modello di Smart Working che tutti debbano rispettare. Alzarsi la mattina, prendere la propria macchina o treno e recarsi al posto di lavoro è per molti non soltanto una routine ma uno standard ormai consolidato della loro “visione” di lavoro. Per molti lavorare da casa o in un altro luogo che non sia il proprio ufficio non è considerato ancora lavoro vero e proprio; inoltre anche solo il fatto di non avere più la propria scrivania ma un posto che può cambiare da giorno a giorno è per alcuni un passaggio non facile da fare.

I vantaggi dello Smart Working sono molti, anzitutto si può evitare un sovraffollamento negli uffici, consentendo all’azienda di risparmiare spazio e quindi denaro, si va ad inquinare meno perché le persone stando a casa si muovono meno con le auto e paradossalmente può essere anche un’attività di team building, portando i dipendenti a rapportarsi non solo con i propri vicini di scrivania ma anche con altri colleghi.

Un altro punto di partenza per dare il via ad un progetto di Smart Working è senza dubbio la Digital Transformation, infatti senza avere strumenti tecnologici idonei questo modello sarebbe impossibile da realizzare. Gli smart workers devono essere messi in condizione di connettersi tra di loro in ogni momento della giornata in modo facile e veloce. La tecnologia riveste un ruolo di assoluta importanza per realizzare questo modello, ma ovviamente servono anche persone che sappiano sfruttare al meglio questi strumenti tecnologici.

Lo Smart Working ha una diffusione maggiore all’estero ma secondo i risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano il 58% delle aziende medio grandi italiane ha già introdotto iniziative concrete. Anche nella PA comincia a farsi strada un modello di lavoro “smart”: oltre 4mila dipendenti pubblici operano in remoto (800 in più in un anno) e oggi l’8% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile (contro il 5% del 2017), l’1% ha attivato iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal prossimo anno. Questi dati mostrano che l’Italia non è cosi indietro su questo ambito ma che anzi ha capito come questo modello possa avere un impatto positivo sul business.

Anche noi di ALIQUID S.R.L. crediamo fortemente nello Smart Working anche se siamo consapevoli del fatto che sia un cambiamento importante che deve essere fatto step by step, ecco perché abbiamo iniziato togliendo tutti i telefoni fissi dagli uffici e dotando i nostri smartphone di un’applicazione che risponde al numero interno di riferimento. Stesso numero, stessa funzione con la differenza che possiamo rispondere al nostro interno dovunque ci troviamo.

Non vi sembra già un grande passo avanti verso lo Smart Working?

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